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mercoledì 31 agosto 2016

Stagione 2 Episodio 7



Con uno sforzo considerevole cercai di riprendere il contatto con la realtà e notai che lo stereo era spento e lo guardai cercandone la causa. Davanti a me però vidi due figure familiari che ci fissavano in silenzio.
- Siete due zozzone! - ci ammonì Jolene.
- Lasciale in pace, scema. - protestò Francis.
- E perché? Stanno facendo petting in salotto! Sul divano! - ribatté Jolene mentre Tiffany non la smetteva di baciarmi sul viso, cosa che non mi dispiaceva affatto.
- Hanno avuto quasi un anno a dir poco tremendo, non hanno mai avuto più di un momento di pace. È normale che vogliano rilassarsi e stare insieme. - spiegò lui alzando un po' la voce.
Lei lo guardò male - E da quando saresti diventato un esperto in rapporti di coppia? Oh, aspetta, forse ho capito. Da quando cerchi di far colpo su quella zoccola dell'aula di scienze. -
- Non è zoccola. È carina, simpatica e intelligente. Tutto il contrario di te! - ribatté lui.
Lei fece per andarsene indispettita ma si fermò - Quella stronza non sa nemmeno la differenza tra bicarbonato di sodio e acido solforico, cazzo. Quella vuole solo fare la gatta morta con il nuovo atleta di turno, apri un po' gli occhi, cristo santo! - urlò infine, rimase con il fiatone a fissare la faccia attonita di Francis poi si girò e si chiuse in camera sua.
La sfuriata di Jolene fece riprendere il controllo a Tiffany che si guardò attorno stranita.
- Io... io vado a pranzare al pub qui sotto. Se avete bisogno sapete dove trovarmi. - e con lo sguardo fisso nel vuoto cominciò ad avviarsi.
- Ma che succede? - mi chiese Tiffany.
- Niente, il viaggio in paradiso è appena finito. Dobbiamo tornare a fare le madri. - le risposi scocciato.
Mi alzai e raggiunsi Francis - Ehi, capisco che ti senta preso in causa, ma mi puoi fare un piccolo piacere? - gli chiesi cercando di mantenere un tono comprensivo.
- Che piacere? - mi chiese con tono scocciato.
- Non bere alcolici. Alle tre di questo pomeriggio dobbiamo andare da Mei, okay? - gli misi una mano sulla spalla. Sapevo come ragionavano i baristi del Quartiere Francese: hai un problema? Bevi alla salute e passa tutto.
- Sei buffa con tutti quei succhiotti sul collo, i capelli arruffati, e le orecchie arrossate a farmi la predica, ma va bene farò come mi hai chiesto. - mi rispose lui quasi senza voglia di far nulla.
Misi le mani come per pregare - Grazie! - gli dissi, quella era un suo tentativo di fare la classica battuta retorica anche se gli era venuta molto male.
Avvertii anche Jolene che mi rispose con un seccato "Sì." da dietro la porta della sua stanza. Alle tre del pomeriggio come promesso entrambi si presentarono, Francis non era ubriaco e Jolene aveva la tenuta da arciere che le piaceva portare, una giacca con cappuccio verde, pantaloni comodi e stivali neri neri, parabracci, parastinchi, arco compound e faretra piena di frecce. Francis invece aveva solo le sue kilij con i rispettivi foderi dietro la schiena e un paio di parabracci neri vagamente famigliari, per il resto vestito normalmente.
Il loro atteggiamento l'uno verso l'altra non era cambiato, ma almeno erano costretti a stare assieme e a cooperare.
Avvertii Kaileena dei nostri movimenti, di risposta mi disse che sarebbe venuta anche lei più tardi, forse era stanca di fare da balia. E comunque anche se Emris e Thessa scappavano non avevano altri posti sicuri in città quindi non sarebbe stata per niente una buona mossa muoversi dal rifugio.
Salimmo in macchina e ci dirigemmo verso la Chinatown di New Orleans. Una volta arrivati in zona ci accorgemmo che le cose per le strade stavano migliorando, nessuna faida tra bande, i locali erano aperti e la gente camminava serenamente per le vie principali.
Arrivammo alla sede della congrega con a capo Mei, un edificio alto sei piani in stile tardo ottocentesco. Parcheggiammo l'auto ed entrammo, gli interni erano sfarzosi e datati ma tenuti in perfette condizioni, legno scuro ovunque anche sulla base delle colonne portanti, poltrone con cuscini a righe bianchi e blu, e un bancone in legno pregiato sul lato opposto.
Ci avvicinammo alle scale - Eccovi qui, sbarbatelli! - fece una voce arrogante da sopra le nostre teste.
Guardammo il alto e da sopra la ringhiera in ferro del secondo piano trovammo un vecchio di nazionalità cinese e dal palese sguardo strabico - Vecchietto, era da un po' che non ci si vedeva! - gli risposi con un sorriso.
Mei fece il giro e cominciò a scendere le scale - Sei mesi, non è poi così tanto. -
- Vero, soprattutto se abbiamo una balia a tenerci d'occhio! - controbattei.
- Mia nipote è uno spirito libero, dovreste averlo capito ormai, non è semplice avere a che fare con lei. Infatti non mi informa dei vostri affari da tre mesi ormai, come sta? - mi chiese con un tono grave ma con una punta di orgoglio.
- Fa la babysitter ai nostri nuovi amici. - gli risposi con un sorrisetto malefico.
- Non cambierai mai, ragazzina. - sbuffò - Il tono con cui hai detto "amici" mi fa supporre che non ti fidi di loro. Questo è bene, venite di sopra, parliamo in privato. - e risalì le scale.
Lo seguimmo in silenzio, arrivammo all'ultimo piano per poi inoltrarci per i corridoi decorati in stile ottocentesco fino ad arrvare a una porta marrone scuro. Mei la aprì rivelando una suite reale che fungeva da studio, da appartamento e da camera. L'arredamento era in pendant con il resto dell'edificio, la scrivania era in legno massello come le poltrone e gli scaffali ornati appoggiati ai muri. Due porte ai due lati dell'ufficio portavano una alla camera e l'altra al bagno.
- Ti tratti bene, vecchietto! - sbottò Jolene.
- Sì. Accomodatevi. E tu non toccare nulla, bambina. >> la rimproverò lui.
Jolene mi fece una faccia da "ma che ho fatto?" e io gli risposi facendogli spallucce.
- Scusaci per essere venuti qui armati. - fece Francis, forse non sapeva come presentarsi o forse era solo intimidito da Mei.
Mei fece un segno accondiscendente e lo guardò - Tu devi essere l'Hashashin che si è ribellato a Era, alquanto strano visto che il tuo tipo di streghe è fedele al loro padrone fino alla morte! - lo scrutò intensamente.
- Io non ho padroni, avevo una famiglia ed Era me l'ha strappata via pezzo dopo pezzo. - guardò per un istante Jolene - E non sono l'unico... Ora ho un'altra famiglia, e farò qualunque cosa per proteggerla! - fissò Me con altrettanta intensità.
- Spero davvero che tu sia sincero ragazzo, perché queste tre avranno bisogno di te e delle tue capacità più che mai. - era serio, molto serio.
- Sissignore! - rispose Francis con fermezza. Mi stupì la risolutezza di Francis, non credevo tenesse così tanto a noi.
Dopo qualche secondo Tiffany sospirò – Allora, veniamo al sodo, quanto siamo nella merda? -
Mei la guardò per un istante - Fino agli occhi. Se il Gran Circolo viene a sapere che voi siete coinvolti in tutto questo casino, verrete braccate come animali. Ogni congrega, ogni gruppo anche se piccolo, verrà a cercarvi per sapere dove si trova la nuova Matriarca. E se un gruppo ottiene una Matriarca diventa automaticamente il padrone di New Orleans. - spiegò lui
- Ma non è già il Concilio il padrone di New Orleans? - chiese Tiffany.
Mei sospirò - Purtroppo e per fortuna, no! Il Gran Circolo è formato da tredici sacerdoti e sacerdotesse, ed ognuna rappresenta una delle grandi congreghe della città. Ma tutte loro vogliono la supremazia sulle altre e sapete che significa questo vero? - chiese infine con tono cupo.
- Che ora c'è un periodo di relativa pace solo perché le forze in campo si equivalgono. - risposi con altrettanta apprensione. Mei sorrise come per approvare il mio ragionamento.
- Aspetta, se siamo in pace perché dovrebbe essere un problema? Che se la sbrighino tra di loro, no? - Jolene era confusa e non le davo torto, anch'io facevo fatica a collegare i vari pezzi.
Ragionai per trovare le parole giuste e spiegargli la situazione - Ti ricordi il discorso che ho fatto sul Gran Circolo e l'eventuale entrata in capo di una Matriarca? - lei fece sì con la testa - Bene, la stessa cosa vale per questa situazione, solo che non sarà più un semplice ed innocuo gioco politico, ma letteralmente un deathmach a squadre dove vincerà chi resta vivo per ultimo. - le spiegai in soldoni.
Lei fece mezzo sorriso incredula - Ma se sono "le squadre" sono le tredici congreghe più forti, raderanno al suolo l'intera New Orleans e migliaia di innocenti rimarranno coinvolti negli scontri... sarà un massacro. - aveva la mano sulla bocca e la voce tremante.
- Esatto. - risposi senza mezzi termini.



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