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mercoledì 14 settembre 2016

Stagione 2 Episodio 16



Tiffany mi guardò - Secondo te perché Thessa ha paura di Emris? -
Alzai lo sguardo al soffitto - Non lo so. Tutto quello che possiamo fare ora è aspettare finché non farà una mossa falsa. -
Lei mugugnò di nuovo e si portò accanto a me - E cosa avrà combinato Thessa per creare un casino come quello in cui siamo adesso? Faceva parte dello stesso gruppo che ha ucciso Mei, questo è un motivo abbastanza valido per non parlare ma non capisco cosa vogliano loro da lei. -
- Forse vogliono sfruttare il suo potere per qualcosa. Ma qual'è il suo potere? Non sappiamo nemmeno questo. - sbuffai sconsolato.
Lei mi accarezzò con delicatezza il seno - Troppe domande, come al solito. -
Le baciai la testa - Già. -
Era vero, ogni volta che trovavamo una risposta si facevano largo altre mille domande, la maggior parte delle quali non avremo mai avuto risposte.
Sospirammo entrambe e ci addormentammo di nuovo, erano le tre del mattino ma le bande da strada continuavano a suonare creando un sottofondo musicale per il resto della notte.
Il mattino dopo mi svegliai sul tardi, feci le faccende di casa, una fatica quotidiana che odiavo perché non ero mai stato un tipo da pulizie e ordine.
Avevo quasi finito quando squillò il telefono, lo presi e accettai la chiamata - Pronto? -
- Salve, siamo della segreteria del liceo Saint J. Anderson. È lei la tutrice legale di Jolene Deraneau e di Francis Maser? - mi chiese una voce femminile e distaccata.
- Sì, sono io... - risposi incerto.
- È richiesta la sua presenza nell'ufficio del preside, oggi dopo la fine delle lezioni regolari. - mi comunicò la donna.
Rimasi perplesso, era la prima volta che mi chiamavano e mancavano solo trenta minuti alla fine delle lezioni al liceo - Va bene, ci sarò. - e riattaccai.
Provai a ragionare sulla situazione, sicuramente uno dei due aveva combinato qualcosa o forse persino tutti e due. Chiesi a Tiffany di accompagnarmi e per avere supporto morale.
Appena arrivati la preside, una donna sulla quarantina, alta e magra, vestita con giacca grigia e gonna stretta, i capelli biondi erano così annodai nella chioccia che sembravano finti.
Ci porse la mano sorridente - Benvenute. Venite, vi spiegherò strada facendo. -
Attraversammo i corridoi della scuola mentre una mandria di ragazzi si affrettava a uscire dall'edificio. Avevamo percorso metà strada tra schivate di zaini volanti e spallate dei ragazzi, ma la donna non aveva ancora detto niente.
- Scusi... - Tiffany fu spinta da un ragazzo - Ehm, scusi. Non ci ha ancora detto perché siamo qui. -
- Io ho chiesto della signorina Evaline Deraneau, non di una sua amica. - commentò la donna.
- Cos... ma... - provò a replicare Tiffany.
La donna fece le segno di chiudere la bocca poi si rivolse a me - Da questa parte, prego! - mi indicò una porta.
"Stronza!" pensai con un sorriso mentre varcavo la soglia dell'ufficio.
La targhetta attaccata ad altezza uomo era dorata con scritto in nero "Hannabeth Conrad". L'interno della stanza era divisa in due, una parte con una scrivania, un computer, una sedia su cui era seduta una segretaria, molti scaffali pieni di raccoglitori e una stampante; l'altra parte invece aveva una poltroncina appoggiata alla parete, una pianta finta su un angolino, e un'altra porta scura. Sulla poltroncina c'erano seduti due ragazzi dall'aspetto arrabbiato, Jolene e Francis.
"Hanno combinato sicuramente un guaio." sbuffai rassegnato.
Hannabeth ci accompagnò nel suo ufficio personale, un ambiente lussuoso con scrivania, libreria e mobili in legno massello, tutta un'altra cosa rispetto alla stanza precedente. Si mise seduta sulla sua sedia in pelle nera come se fosse il suo trono.
Io e Tiffany ci accomodammo sulle sedie per gli ospiti - Allora vuole dirmi che cosa è successo? - le intimai con tono arrogante, ero stufo di quei giochetti da quattro soldi.
Hannabeth mi sorrise - Certo. Sua sorella... -
- Figlia. Jolene è mia figlia adottiva. - la corressi.
La donna sembrò sorpresa poi si schiarì la voce - Sua figlia ha rotto il dito indice alla caposquadra cheerleader, Monique Terence. -
Di nuovo quella ragazza, era diventata una presenza troppo costante - Sicuramente è un atteggiamento riprovevole ma conosco Jolene, lo avrà fatto per un buon motivo. - provai a spiegare.
- L'ha fatto per gelosia verso il suo fratellastro, Francis. - mi guardò con sufficienza.
Io e Tiffany ci guardammo - Ma avete prove che sia andata effettivamente così? - chiese Tiffany.
- Certo, me lo ha confermato Monique. E poi ci sono le attenuanti. - rispose senza guardarla.
-Attenuanti? - feci io.
- Ma che cos'è, un tribunale? - fece Tiffany.
Hannabeth si appoggiò con i gomiti alla scrivania - La vostra relazione anomala influisce sull'umore e il carattere di quei due ragazzi. Non credo sia un ambiente salutare il vostro. - ci spiegò con disdegno.
Mi appoggiai allo schienale della sedia - Fa davvero? Lei crede che la colpa sia nostra? - Tiffany era esterrefatta.
La donna si schiarì di nuovo la voce - Una famiglia è dove c'è un padre e una madre, qui invece vedo una donna impegnata in una relazione con una ragazzina esotica. Di certo non può essere una famiglia questa. E poi la famiglia Terence è una delle nostre più assidue donatrici, un incidente del genere influirà sui fondi scolastici. - spiegò.
Non riuscivo a credere che esistessero persone così bigotte da pensare che una famiglia sia formata solo da un uomo e una donna e che stesse dando la colpa a noi di quello che era successo. E infine quell'affermazione sul denaro mi fece venire il voltastomaco.
Tiffany si alzò di scatto dalla sedia - Non ce ne sbatte un emerita sega se lei crede a tutte le stronzate che ha appena sputato fuori da quella sua stupida bocca. E non ce ne frega un cazzo nemmeno dei vostri fondi. Se Jolene ha rotto il dito alla vostra studentella figlia di papà avrà avuto i suoi buoni motivi. Ora, se vuole può procedere alla punizione o alla sospensione bene, altrimenti ce ne andiamo. E per la cronaca io ed Evaline abbiamo la stessa età e della nostra vita privata a lei non deve fregare un fottuto cazzo, quindi non osi mai più insultare me o un qualsiasi membro della nostra famiglia, chiaro? - sbraitò infuriata, aveva il fiatone e stringeva con forza i pugni.
"Tiffany..." mi commossi, ero rimasto imbambolato a pensare a una risposta sensata quando bastava solo sputare fuori quello che pensavo.
La donna rimase basita, sembrava non avere risposte da dare a Tiffany - Ecco, io non volevo... - provò a dire.
Improvvisamente sentimmo un urlo agghiacciante. La porta si spalancò, la segretaria entrò di gran foga e con lo sguardo pieno di terrore - Preside Conrad, una... una studentessa... in sala di musica. L'hanno... l'hanno crocifissa a una parete... - farfugliò.





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