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mercoledì 28 novembre 2018

Episodio 9


Corsi giù per la collina e percorsi le vie della città verso il primo Pilastro che avrei eliminato, lo stesso mostro che mi aveva ridotta in fin di vita. Solo che questa volta sarebbe andata molto diversamente.
Davanti a me notai uno zombie camminare tranquillo, fruttai quell'occasione per allenarmi. Lo presi a pugni fino a farlo sfiancare e alla fine gli assorbii l'anima.
Strano, mi sembra di essere più veloce della prima volta, pensai osservandomi le mani.
Trovai altri quattro zombie e li assorbii tutti, uno più velocemente dell'altro. Con l'ultimo l'effetto fu quasi praticamente istantaneo.
Avevo imparato a padroneggiare quel potere alla perfezione in soli sei tentativi. In più mi sentivo sempre più forte ad ogni assorbimento. Se andavo avanti così, sarei diventata abbastanza forte da sconfiggere il mostro di cadaveri.
Altri due zombie erano davanti a me, intenti a pattugliare una strada distrutta e piena di detriti. Presi la rincorsa, usai una colonna caduta come trampolino e saltai in mezzo a loro. A mezz'aria voltai il busto, toccai ad entrambi il petto con le mani, gli assorbii l'anima in volo e atterrai in modo da continuare a correre. I due corpi caddero a terra inermi.
Incredibile, riesco a fare quel tipo di evoluzioni con la massima tranquillità, pensai esaltata. Era come se le facessi da una vita.
Continuai a correre fino a trovare una scala, salii i gradini ritrovandomi sui tetti delle case.
Avanzai di alcune centinaia di metri finché non incrociai due zombie armati di archi e frecce. Cambiai velocemente direzione e continuai a correre sperando di non venire colpita. A una cinquantina di metri dalla mia posizione c'era un vicolo cieco che dava su una strada, pensai di essere i trappola ma poi notai un piccolo portabandiera sopra un tetto poco oltre il precipizio.
Aumentai la velocità, seguita a ruota da due zombie armai di spada, una volta arrivata al bordo del tetto feci un salto verso il tettuccio col portabandiera e, usandolo come perno, riuscii ad andare verso sinistra e atterrare sul tetto piano al di là della strada. Feci una capriola e continuai a correre.
Arrivai a una grata dove scesi di nuovo a terra. Ad aspettarmi c'era un altro zombie ma per mia fortuna era di spalle, non veci fatica ad assorbirlo.
Mi sembrava di essere un supereroe dei fumetti che volteggiava sugli edifici della città. Era davvero divertente e in più ero riuscita a risparmiare tempo i quel modo.
Quando entrai nella piazza notai che le pire erano diventate ormai cumuli di cenere e il mostro era impegnato a lottare contro degli umani.
Déjà vu, pensai ricordando la brutta esperienza vissuta.
Corsi senza esitare verso il mostro e lo colpii con una spallata che lo fece sbilanciare così tanto da ruzzolare a terra.
Sorrisi, ero diventata più forte oltre che più agile.
L'entusiasmo svanì quando guardai di lato dove c'erano i corpi martoriati di due bambini e due donne, sangue e budella sparse ovunque. Il mostro li aveva ridotti a un colabrodo in pochi secondi.
Mi montò una furia incontenibile. Era la stessa sensazione di quando Jaden era stato ucciso.
Quella cosa non è viva, non ha mai avuto un'anima, ringhiai dentro di me.
Mi guardai meglio attorno per cercare un'arma e, ignorando le urla del mostro, camminai verso il muretto contro cui mi aveva gettato. Il mostro mi attaccò con la sua forza poderosa ma io sfruttai quella stessa forza parando il colpo e facendomi arrivare a destinazione più velocemente.
Al di sopra del muretto c'erano delle grosse catene in ferro battuto arrugginite, usando un po' più di forza le staccai dal loro ancoraggio e cominciai a farle roteare sopra la testa.
Il mostro ringhiò per l'ennesima volta e si scagliò contro di me, ma lo colpii con una sferzata della catena. Il mio avversario rimase stordito per il tempo necessario per salire sul muretto, prendere lo slancio, saltare facendo un'acrobazia e salirgli sull'enorme testa putrida.
Il mostro si dimenò nel tentativo di disarcionarmi, ma io spezzai il terzo braccio sulla schiena e avvolsi il suo collo con la catena.
- Sarai anche molto forte, però sei dannatamente lento e stupido - gli dissi mentre stringevo sempre di più il cappio improvvisato.
Lui cercò di prendermi e di allentare la morsa invano.
Dopo alcuni minuti di lotta si immobilizzò e io di risposta, con le catene ancora in mano, scesi dalla schiena in un modo cosi brusco che gli sfilai la testa assieme alla spina dorsale dal corpo che cadde inerme sulle ginocchia.
Oh, no. Dovevo assorbirlo per tornare a casa, pensai maledicendomi per la mia impulsività.
Per sicurezza controllai se possedesse ancora la forza vitale e, per mia fortuna, confermai che ne aveva ancora molta, anche se stava rapidamente sparendo.
Gli tornai davanti, gli toccai il petto e lo assorbii. Fu una sensazione diversa dagli zombie, come se una scarica elettrica mi avesse pervaso tutto il corpo.
In quell'istante nel cielo si intravvide uno strano bagliore bianco, come se la barriera avesse subito una specie di sovraccarico. Quando avevo assorbito il Pilastro era cambiato qualcosa, solo che non sapevo ancora se fosse un bene o un male.




martedì 16 ottobre 2018

Episodio 8

- Che posto è questo? - chiesi quando mi ripresi dallo stupore.
- Credevo lo avessi capito, se a Samat - mi rispose la ragazza.
Diedi uno sguardo migliore a ciò che stava al di la del ponte, cioè nulla. Poi alzai gli occhi al cielo, e nella mia testa cominciò a farsi strada un dubbio. - Le stelle, non riesco a riconoscere nessuna costellazione... - mormorai. Era uno spettacolo strano e allo stesso tempo affascinante.
- Ah, capisco... Questo non è il pianeta da cui provieni tu. Forse non è nemmeno la stessa galassia. - rispose la ragazza impassibile.
- Cosa? - sbottai girando la testa verso di lei. Sapevo che non ero più sul mio mondo ma pensavo fosse una specie di dimensione alternativa, invece era un vero pianeta sull'orlo del collasso.
- Il Maestro ha detto che quando sei caduta nel portale sei finita qui, l'unico spazio abitabile del pianeta - rispose la ragazza.
- E perché la città ha un aspetto tanto simile a una qualsiasi città del mio? - Avevo le gambe che mi tremavano.
- Non lo so. È stato il Maestro a modellare questo spazio per noi - rispose lei col viso che non tradiva nessuna espressione.
Rimasi in silenzio a ragionare. Mi avevano presa, avevano fatto degli esperimenti sul mio corpo ma qualcosa era andato storto, e, infine, la scoperta di essere su un altro pianeta abitato da esseri umani e non morti. Le gambe non riuscirono più a reggermi e mi accasciai a terra.
Come faccio a tornare a casa? Come faccio a tornare tra le braccia della mia Evaline? Ero nel panico più totale.
La ragazza mi guardò e inclinò la testa. - Che cos'hai adesso?
- Cos'ho? Voglio riaprire il portale. Voglio tornare a casa mia. Voglio rivedere la mia famiglia, ecco cos'ho - le risposi furiosa.
- Non puoi - mi disse lei.
- Quindi non c'è possibilità che io me ne vada da questo inferno... - mormorai.
- Ho detto che tu non puoi, ma il Maestro sì. È l'unico che può andare e venire dal pianeta - mi rispose la ragazza.
- E perché non l'hai detto subito? - le urlai.
- Non l'hai chiesto - mi rispose lei.
Mi alzai e la presi per il bavero della scollatura. - Dov'è questo Maestro?
- Non aprirà mai il portale per te - mi rispose seria, o almeno ho pensato fosse seria visto che non riuscivo a distinguere le sue emozioni.
- Allora lo costringerò, anche a costo di distruggere pezzo dopo pezzo la sua amata città - ringhiai.
La ragazza rimase in silenzio per qualche secondo poi disse: - In questo caso dovrai eliminare la connessione tra la barriera e gli otto Pilastri, ma per farlo dovrai impossessarti della loro energia con il tuo potere di assorbimento. Ma ti conviene fare in fretta, hai tempo fino alla fine dell'eclissi, ossia il mattino.
Io la lasciai andare basita. Mi aveva detto tutto senza battere ciglio, come se non le importassero le ripercussioni per tale confessione. O, forse, mi stava dicendo tutto sapendo benissimo che non ce l'avrei mai fatta. In ogni caso era impossibile comprendere cosa le frullasse per la testa.
- Perché mi dici tutto questo? - le chiesi.
- Perché no? Tu hai chiesto e io ho risposto. Semplice - mi rispose lei prima di girarsi e fare per andarsene.
Io la osservai per qualche istante, poi chiesi: - Aspetta. Come faccio a trovare questi Pilastri?
- Sono coloro che mantengono attiva la barriera che circonda Samat, quindi sono quelli con la forza vitale maggiore - mi rispose mentre continuava a scendere le scale in legno. Poi percorse il sentiero ed entrò in casa senza più girarsi.
Sorrisi. Forse non era tutto perduto, forse potevo davvero tornare dalla donna che amavo.
Uscii dal gazebo e percorsi la prima scalinata sconnessa che mi si parò davanti. A metà discesa notai un cancelletto arrugginito aperto, al di là c'era un prato ben curato con un unico albero secolare rigoglioso e, sotto di esso, un uomo con un cappotto lungo e un cappello a punta a coprirgli il viso seduto su una sedia a dondolo abbracciato a una falce a mezzaluna nera.
Deve essere lui il Maestro, pensai. Non potevo minacciarlo senza nulla in mano.
Serrai la mandibola reprimendo il desiderio di spaccargli la faccia e continuai la discesa verso la città con una rinnovata speranza e voglia d lottare.


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domenica 14 ottobre 2018

Episodio 7

Scrollai la testa per riprendermi. Decisi di uscire e cercare qualcuno che potesse rispondere alle numerose domande che mi frullavano per la testa: che cosa mi avevano fatto?; cosa era andato storto di preciso?; e soprattutto come faccio ad andarmene?
Con molta fatica, tolsi lo sguardo dal cadavere e mi avviai verso l'uscita.
Una volta all'esterno mi ritrovai in un giardino fatiscente, pieno di erbacce e rami caduti, la scalinata che andava verso il basso era piena di crepe, le panche esterne avevano solo il telaio di metallo arrugginito.
Mi girai per dare un'occhiata all'abitazione in cui mi trovavo poco prima: era peggio del giardino. Le mura erano costellate di squarci pieni di rampicanti e rattoppati con assi di legno, stipiti delle finestre marciti e penzolanti, al primo piano altre assi per sigillarle.
Alla mia destra c'era l'unica struttura mantenuta in ottime condizioni, un gazebo ottagonale in legno con ringhiere, sempre in legno ai lati e sul fondo.
Lì c'era anche la donna dai capelli bianchi di pochi minuti prima, indossava un abito lungo in stile gotico.
Mi avvicinai cauta, non volevo scontrarmi ma parlare se fosse stato possibile. Forse lei poteva darmi le risposte che cercavo.
Entrai nel gazebo tenendomi a distanza di sicurezza. - Spero tu non sia uno di quei mostri schifosi.
- Non lo sono - rispose. La voce era uguale a quella che avevo sentito poco prima: impassibile.
- Bene, finalmente una gioia - sospirai rasserenata. - Eri insieme a quel pazzo con la maschera, vero? - chiesi per esserne sicura.
- Sì, hai passato due giorni e mezzo sotto ai ferri del Sindaco. In realtà non è un dottore ma si dilette a fare esperimenti per il Maestro - spiegò sempre con lo stesso tono.
- Due giorni e mezzo? - chiesi incredula. Per me erano passati pochi istanti ma era passato tutto quel tempo senza che me ne accorgessi. Per quanto mi riguardava era anche troppo.
- Sei sorda? Sì, due giorni e mezzo e a quanto pare sono stati inutili - rispose ancora la donna.
- Inutili? Che cosa significa? - chiesi spaventata. Da quello che avevo capito nemmeno con lei riuscivo a percepire se stesse mentendo oppure no.
- Significa che abbiamo sprecato tempo e risorse preziose per creare un possibile soldato potente quanto i Pilastri. Il problema è che sei miracolosamente sopravvissuta - rispose la donna.
- Mi volevate trasformare in un vostro soldato, come quegli zombie che infestano Samat? - chiesi disgustata.
- Precisamente - affermò lei con la solita impassibilità.
- Insomma, che cosa mi avete fatto? - le urlai afferrandole le spalle e girandola in modo che mi guardasse negli occhi. Mi ero stufata di quel tono, come se non le fregasse niente.
Appena la vidi, però, mi bloccai. Aveva si e no la mia stessa età, con un viso dai lineamenti così perfetti da sembrare di porcellana, un rossetto le faceva risaltare ancora di più le labbra, gli occhi blu erano senza difetti, il corpo aveva proporzioni perfette visibili da un decolleté molto ampio del vestito. L'unico difetto era l'espressione impassibile.
Era semplicemente bellissima, forse più di Kaileena.
- L'esperimento consisteva nel creare un'arma non vivente sfruttando l'innata capacità che possedevano i nativi di questo pianeta: assorbire energia vitale in pochi istanti. Purtroppo un'anomalia nel tuo sangue ha attivato la tua capacita di rigenerazione, guarendoti completamente - spiegò la ragazza.
- Ecco perché sono riuscita ad uccidere quello zombie. Ma il fatto che sono ancora viva non dovrebbe essere un bene per questo vostro Maestro? - continuai a domandare.
- Al Maestro non serve che ci siano troppi esseri viventi in giro, gli serve solo qualcuno da poter sfruttare - rispose inclinando la testa la ragazza.
- È un mostro peggiore di quelli che sfrutta... - replicai indignata.
- Ci tiene tutti in vita - disse lei guardando verso l'esterno del gazebo.
Voltai lo sguardo nella stessa direzione dove ammirai la grande città che si estendeva fino a un lago, a destra c'era una fitta foresta e a sinistra un ponte tranciato a metà da qualcosa di invisibile ai miei occhi. Il tutto illuminato dalla luce rossa dell'enorme luna perfettamente in eclissi che dava a tutto un'atmosfera inquietante.
Capii immediatamente a chi si riferiva, ai civili che ancora vivono in quel posto. Erano in una situazione impossibile e, forse, erano costretti ad attuare soluzioni altrettanto impossibili.


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venerdì 12 ottobre 2018

Episodio 6

Qualche istante dopo, sentii una strana sensazione, come se avessi un enorme peso sul petto a bloccarmi il respiro. La cosa buona era che ero ancora viva, quella cattiva era che non riuscivo ad aprire gli occhi.
Era la sensazione di panico che avevo avvertito quando la mannaia recise la testa dal corpo di Jaden. Ma avevo promesso alla donna della mia vita che avrei superato le mie insicurezze e che sarei tornata da lei. Non potevo arrendermi.
Usai tutta la volontà che possedevo e aprii ancora una volta gli occhi riempiendo il più possibile i miei polmoni di aria. Continuai a respirare avidamente per poi calmarmi.
Istintivamente controllai con le mani il petto per individuare il peso che mi bloccava ma capii quasi subito che non c'era nulla, nemmeno i vestiti che indossavo al mio arrivo. Ero completamente nuda.
Fantastico, pensai asciugandomi il sudore dalla fronte.
Mi alzai dal lettino indolenzita, le candele illuminavano la stanza piena di ragnatele e schizzi di sangue secco, le finestre erano chiuse con delle spesse assi di legno.
Dietro di me c'era uno specchio a grandezza umana pulito e senza un granello di polvere. Presi una candela accesa da una delle credenze e mi ci specchiai, speravo solo di non aver subito mutazioni o lesioni visibili dallo scontro con l'enorme mostro.
Con mia grande sorpresa, però, noitai che era rimasta solo la vecchia cicatrice in mezzo al seno che mi aveva fatto Era.
Non è possibile. Ero in fin di vita e ridotta a un colabrodo, pensai. Ero sicura che alcune lesioni erano profonde e che mi avrebbero lasciato orribili cicatrici anche sul volto. Invece nulla, avevo la pelle candida e liscia come quella una modella fotografica.
Forse, il sangue che Era mi ha somministrato si attiva solo in casi estremi. Non è solo questo, sicuramente mi hanno fatto qualcos'altro, ma cosa?, mi chiesi guardandomi le mani.
E se non fosse un cambiamento esterno ma interno?, quel pensiero mi fece venire i brividi.
Levai lo sguardo dall'immagine riflessa e lo spostai di lato dove c'era una sedia con sopra dei vestiti: una camicetta leggera trasparente, un corsetto scuro, una gonna lunga aperta sul davanti dello stesso colore del corsetto e dei stivali in pelle scura. Indossai tutto e uscii dalla stanza.
Percorsi lentamente un corridoio fino a delle scale, scesi con cautela evitando il più possibile di fare rumore. Una volta arrivata al pian terreno, udii uno strano rumore provenire da una grata aperta al di là di un salotto con camino acceso. C'era tutto: una poltrona, una libreria colma di volumi ingialliti, un tappeto elaborato sul pavimento e un tavolino con al centro un candelabro acceso.
Dall'oscurità grata emerse una mano rattrappita che afferrò una delle sbarre, poi una figura umanoide, simile a quelle che mi avevano inseguita, fece capolino e mi fissò ringhiando con occhi spenti.
Io feci un piccolo passo di lato verso la porta d'uscita ma la creatura gridò in modo innaturale e si scagliò contro di me.
- Merda! - imprecai cercando di trovare qualcosa che potessi usare come arma, ma non trovai nulla.
All'ultimo secondo, schivai il suo tentativo di afferrarmi e la feci finire sulla ringhiera in legno delle scale. Quella mossa però mi allontanò dalla porta d'ingresso, quindi decisi di avvicinarmi al camino.
Attesi per un istante che la creatura si girasse e mi puntasse di nuovo per poi corrermi in contro urlando. Appena fu abbastanza vicina le feci uno sgambetto e la spinsi tra le fiamme.
La creatura strillò e si dimenò in modo inquietante per qualche secondo per poi fermarsi.
- Il fuoco funziona. Il fuoco funziona sempre - esultai allontanandomi di qualche passo per sicurezza.
Improvvisamente, il corpo della creatura fece un sussulto togliendomi il respiro dallo spavento. Feci un urlo tappandomi la bocca con una mano. Poi un altro sussulto, un terzo e un quarto fino a rotolare fuori dal camino ed infine a rialzarsi. Le fiamme che l'avvolgevano si estinsero come se venissero risucchiate all'interno del corpo.
Il fuoco non ha funzionato, anzi, sembra aver reso questa cosa più forte di prima, pensai paralizzata mentre controllavo la forza vitale della creatura. Non riuscivo a credere a quello che avevo appena visto e non avevo idee su come ucciderla.
La creatura mi corse per l'ennesima volta in contro cercando di lacerarmi con le unghie affilate. Mi misi in posizione e parai alcuni colpi e poi sferrai pugni e calci che sortirono solo l'effetto di allontanarla di qualche passo.
Era logico, non sentiva dolore poiché era già morta ed era instancabile per lo stesso motivo. Se avessi continuato a combattere in quel modo avrebbe avuto la meglio su di me.
Continuai a spingere la creatura fino alla libreria e con uno scatto le bloccai i polsi tenendoli in alto con una mano e con l'altro braccio appoggiato sullo sterno per evitare che mi mordesse con le zanne che aveva al posto dei denti.
La puzza che emanava era così nauseabonda che per un istante mi venne l'istinto di vomitare e l'alito era anche peggio.
L'avevo bloccata ma non sapevo che fare, cercai di percepire ancora la forza vitale ma successe qualcos'altro: sentii uno strano formicolio alla mano appoggiata al petto delle creatura, poi un dolore simile a degli aghi che premevano su tutta la superficie della mano.
Poco a poco, i movimenti della creatura da scattanti si affievolirono fino a smettere del tutto di muoversi, era diventato letteralmente un peso morto tra le mie mani.
La lasciai cadere e provai a percepirne di nuovo la forza vitale ma non c'era nulla. Era definitivamente morta. Per sicurezza mi allontanai e attesi per qualche minuto che si rialzasse, ma non successe nulla. In qualche modo l'avevo uccisa.
Ma che cazzo mi sta succedendo? Che cosa mi hanno fatto?, mi chiesi terrorizzata guardandomi le mani.


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martedì 9 ottobre 2018

Episodio 5

Ero semicoscente.
Avevo la sensazione di fluttuare, i sampietrini sconnessi della strada scorrevano velocemente. Qualcuno mi stava trasportando da qualche parte, non riuscivo a pensare, era troppo faticoso e doloroso.
Persi conoscenza.
Riaprii gli occhi, questa volta ero in una stanza illuminata da candele poste su un lampadario arrugginito, ampia e piena di scaffali in legno. Ero sdraiata sulla superficie di un tavolo, posta al centro della stanza. Girai lentamente lo sguardo sullo sgabello su cui era appoggiata una borsa in pelle nera. L'odore era di muffa e sangue.
Un uomo con una maschera da dottore della peste mi si parò davanti agli occhi. - Ha ripreso i sensi, è incredibile!
- Ha una volontà ammirevole - rispose una voce femminile e calma.
Il dottore della peste mi esaminò attentamente e con poca cautela. - Credo... sia per colpa del sangue contaminato, la sta guarendo più velocemente di quel che credessi.
- Quindi? - chiese la donna.
L'uomo alzò lo sguardo vero la mia sinistra. - Lascia che ti spieghi, mia cara. Un essere umano normale sarebbe morto all'istante se avesse affrontato un Pilastro. Lei, invece, ha lottato, ha perso e nonostante le gravissime ferite, alcune anche mortali, tornerà in perfetta salute nel giro di un giorno. Se va avanti così non riuscirò a completare la mia opera d'arte in tempo.
Il sangue che Era mi ha versato sul petto otto mesi fa, cercai di ricordare. Era mi aveva quasi uccisa per indurre Evaline a farla entrare nella sua congrega di Matriarche.
- Lo farà oggi allora? - chiese ancora la donna.
- Sì - rispose il dottore della peste.
La donna replicò ma non riuscii a sentire nulla perché svenni di nuovo per colpa di qualcosa che il dottore mi aveva iniettato.
Mi svegliai ancora all'interno della stanza, potevo riconoscerne l'odore di stantio, sangue e putrefazione. Aprii gli occhi e notai che il dottore della peste stava andando su e giù per la stanza mentre raccoglieva le sue cose e le gettava nella borsa nera.
Questo non è buono, pensai preoccupata. Non capivo cosa stesse succedendo ma di sicuro non era una cosa buona, il problema era se fosse cattiva per me o per lui.
- Dottore, calmati - fece la donna che avevo sentito in precedenza.
- La fai facile tu. Non verrai punita dal Maestro per aver fallito - rispose il dottore della peste.
- Perché, hai fallito? - chiese ancora la donna con tono impassibile.
Il dottore della peste chiuse la borsa. - Non credevo che l'esperimento andasse così male.
- Cos'hai combinato? - continuò la donna.
L'uomo mi guardò. - Ho giocato a fare il Viaggiatore. Dovresti eliminare il soggetto prima che possa causare danni irreparabili.
- È così grave? - continuò ancora la donna.
- Non capisci. Non ha avuto nessun rigetto. Significa che le capacità si sono fuse rendendo questa umana incontrollabile. Andrò nel mio studio, fra poco andrò in scena... - rispose il dottore della peste, poi salutò la donna con un cenno e se ne andò.
Sentii la donna alzarsi e seguire l'uomo. Cercai di capire chi fosse ma era di spalle vedendo soltanto il colore dei suoi capelli, un bianco candido e naturale.
Ripensai a tutto ciò che avevo sentito. Mi avevano portato in quella stanza, usata per degli esperimenti che poi sono falliti e forse venire uccisa per motivi che non avevo compreso.
Mi feci prendere dal panico, la respirazione era accelerata e il cuore batteva all'impazzata. Non voglio morire, piansi disperata mentre perdevo per l'ultima volta i sensi.


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venerdì 21 settembre 2018

Episodio 4

Attaccai caricando i miei muscoli di forza vitale e mirando alle protezioni ma non sortì molti effetti, il mio pugno scalfì il busto del mostro che indietreggiò di qualche passo.
Il mostro mi guardò con i suoi occhi completamente neri infuriato, io arretrai intimorita. Poi fece un passo in avanti, prese un lungo respiro ed infine fece un ruggito innaturale dalla testa più grande così potente da stordirmi.
Presa dal panico provai a scappare e allo stesso tempo attirare l'attenzione del mio avversario, ma con soli quattro passi riuscì a raggiungermi e con una sberla a scagliarmi oltre una delle pire accese. L'atterraggio non fu per nulla morbido e mi ferii in vari punti del corpo.
È stata una cattiva idea, mi dissi. Ero da sola contro un mostro alto il doppio e dotato di una forza sovrumana, la sfida era nettamente impari.
Una volta ripresomi dal colpo che avevo preso, a fatica mi rialzai e cercai un'arma ma l'unico oggetto utile era un tronco caduto dalla pira. Senza pensarci due volte lo afferrai e lo alzai sulla spalla, attesi che il mostro facesse il giro per finirmi e infine lo colpii a uno dei volti mandando in frantumi l'arma. La testa che avevo colpito penzolò per qualche secondo e poi si staccò spiaccicandosi a terra.
Che schifo, era già putrefatta da un pezzo. Però il resto del corpo è illeso, di cos'è fatto?, mi chiesi.
Il mostro guardò la testa caduta poi guardò me. Ancora più infuriato di prima si scagliò contro di me. Provai a lanciargli il resto di tronco che avevo ancora in mano ma come previsto non sortii alcun effetto, era semplicemente troppo grosso per essere battuto da un essere umano o da una semplice Strega Combattente come me.
Riuscii, con molta difficoltà, a schivare tutti gli attacchi, uno di essi era così potente che frantumò il pavimento della piazza in granito. In quel momento capii che non era solo uno zombie enorme ma anche spaventosamente forte.
Dopo essere riuscita a schivare altri tre colpi potenzialmente mortali il mio avversario riuscì a sferrarmi un calcio che mi fece letteralmente volare verso una pira ormai spenta.
I tronchi inceneriti mi crollarono addosso ustionando lievemente la pelle e la cenere per poco non mi aveva soffocata.
Quando riuscii a liberarmi e a far un po' di luce mi ritrovai davanti un cadavere umano carbonizzato. Urlai per lo spavento, anche se mi uscì un rantolio seguito da tosse. Senza preavviso la testa si staccò dal corpo finendomi in grembo.
Quella scena mi fece ricordare il brutale omicidio di Jaden e di come ero rimasta immobile a piangere invece di reagire per salvare il mio amico. Mi misi una mano sulla bocca e il cuore mi batteva all'impazzata dal terrore.
Non avevo mai superato la sua morte perché la ritenevo colpa mia, ed era stata colpa mia. Nonostante le rassicurazioni degli altri non riuscivo a farmene una ragione.
Cercai di uscire dal cumulo annerito il più velocemente possibile, incespicando a ogni posso senza mai togliere lo sguardo dalla testa carbonizzata.
Continuai ad indietreggiare finché non sentii una superficie legnosa. Merda, ho fatto un errore da principiante, mi maledii.
Girai lentamente lo sguardo e le mie paure si concretizzarono, il mostro fatto di cadaveri era proprio alle mie spalle. Mi allontanai di qualche passo, come se fosse servito a qualcosa, chiusi gli occhi.
Ti prego, non voglio morire, non prima di averla rivista, pensai in lacrime.
Sentii il mostro che caricava il pugno pronto a colpire quando percepii una forza vitale famigliare, aprii gli occhi e davanti a me c'era il volto della donna che amavo. Cercava di parlarmi ma io non riuscivo a sentirla.
Evaline, sorrisi. Ero felice. Ero riuscita a rivedere il volto dell'amore della mia vita prima di morire. Ero davvero felice.
Poi mi focalizzai sul suo volto, era triste. Forse era delusa dal mio comportamento arrendevole. Anche se fosse stata un'illusione creata dalla disperazione del momento, non riuscivo a sopportare che lei fosse delusa da me.
Dovevo reagire.
Purtroppo la mia rinnovata risolutezza arrivò troppo tardi, il mostro mi colpì così forte che sentii le ossa rompersi tutte assieme, ero riuscita a sentire perfino il rumore della maggior al momento della frattura.
Fui scagliata contro un muro in pietra e all'impatto sputai sangue. Il dolore era lancinante, non riuscivo a ragionare, a muovere nessun muscolo o a respirare. Molto probabilmente avevo entrambi i polmoni perforati.
Il mostro si avvicino lentamente per darmi il colpo di grazia ma una voce dietro di lui urlò: - Fermo. Il Maestro la vuole viva.
Il mostro si fermò, si girò e se ne andò. In quel momento la vista mi si appannò e non riuscii a capire chi fosse, e il dolore era talmente forte che speravo solo di morire e farla finita in fretta.
Per mia sfortuna persi solamente i sensi ma prima feci una promessa a me stessa: se mai fossi sopravvissuta non avrei mai più lasciato che il passato mi bloccasse, avrei affrontato e sconfitto le mie paure.



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domenica 16 settembre 2018

Episodio 3

Ma che sta succedendo?, pensai indietreggiando.
Il mese prima ero riuscita a frantumare un enorme blocco di asfalto a mani nude, adesso non riuscivo neanche a rompere una fragile finestra. Ero terrorizzata, se avessi perso anche la mia capacità di Strega Combattente sarei sicuramente morta.
Mi osservai le mani e notai che stavano tremando. Forse mi sono indebolita o forse questo posto è più strano di quello che sembra, ragionai.
Mi guardai attorno e trovai quello che mi serviva: un moro diroccato. Sferrai un pugno con tutta la forza in mio possesso ai mattoni che si frantumarono facendo crollare l'intera parete.
Come pensavo, è questa città ad essere strana, ragionai.
Piano, piano, il panico che provavo si affievolì. Se avevo ancora la mia forza avrei avuto più probabilità di sopravvivere e di tornare a casa.
Se ci sono delle persone significa che c'è gente viva, e se c'è gente viva allora c'è più forza vitale di quello che pensavo, ragionai. Mi sedetti su di un scalino e mi concentrai chiudendo gli occhi.
Sorrisi quando riuscii ad identificare così tante persone nei paraggi, poi però mi accorse che alcune si muovevano troppo per essere all'interno delle case. Sicuramente si trattavano dei non morti che avevo incontrato, erano almeno un centinaio in quella zona. Due di loro erano dirette a gran velocità verso di me.
Cazzo, avranno sentito il muro crollare, pensai.
Mi alzai e me ne andai il più in fretta possibile. Provai a chiedere aiuto a tutte le case che riuscivo a trovare lungo la strada, ma nessuno voleva più parlarmi. Era strano ma alcune di quelle persone mi chiamò per nome intimandomi di andarmene.
Delusa continuai a provare, ma fu tutto inutile.
Cercai di sfruttare la capacità di percepire la forza vitale per non farmi notare dai non morti, come una sorta di radar spirituale.
Più andavo avanti e più la situazione migliorava. Le strade erano decenti e le case erano intatte anche se molte rimanevano catapecchie abbandonate, ma i mostri cominciavano a farsi più numerosi.
Ero allo stremo delle forze, non a livello fisico ma morale. L'unica persona con cui ero riuscita a parlare era una specie di pazzoide che faceva discorsi ambigui. In più sembrava che con lui l'empatia non stesse funzionando, non ero riuscita a capire se stesse mentendo o meno.
Durante il mio girovagare come una latitante per le strade di Samat, l'unica cosa che volevo era un riparo per passare la notte e magari riposare e che non fosse una trappola mortale.
Mi sembrava di vivere in un incubo in cui i mostri inseguono la propria vittima finché non fa un passo falso e la fanno a pezzi.
Ero anche amareggiata, avevo agito d'istinto per salvare Thessa sacrificandomi al posto suo. Conoscendo Evaline ero sicura che sarebbe andata fuori di testa e avrebbe cercato in tutti i modi di salvarmi. Ma non potevo chiederle un atto così egoistico, per aiutarla dovevo salvarmi da sola.
Girai per l'ennesima stradina a destra per evitare le creature non morte e, una volta percorsa tutta, mi ritrovai in una piazza. Sgranai gli occhi era piena di pire accese con sopra ognuna almeno tre cadaveri carbonizzati. L'odore di carne bruciata mi fece venire la nausea, mi appoggiai a una parete e vomitai.
Voltai lentamente lo sguardo per assicurarmi che fosse vero. Chi può aver fatto una cosa così orribile?
Ripensai al Massacro della Città dei Morti e a come avesse potuto sentirsi Evaline in quel momento, indifesa e inutile. Lei era riuscita a superare la cosa mentre io non riuscivo a darmi pace per la morte di Jaden, mi sentivo ancora responsabile.
Improvvisamente udii un urlo femminile provenire dal centro della piazza. Rimasi immobile per qualche secondo, incredula sul fatto che esistessero persone al di fuori delle loro abitazioni, oltre ai non morti.
Valutai se intervenire oppure no, poi mi ricordai quello che diceva spesso Evaline in certe situazioni: - Il Mondo delle Streghe non cambierà mai se non siamo noi per prime a dare l'esempio.
Mi misi una mano sulla faccia rassegnata. Odio quando fa così. Ogni volta è un rischio inutile per tutti, mi dissi, poi sorrisi.
Ero demoralizzata, indebolita e molto probabilmente indolenzita dalla caduta, in quello stato sarei stata un peso per chiunque ma non potevo abbandonare una persona in pericolo.
Corsi verso il centro della piazza cercando di evitare i numerosi zampilli selle pire. Raggiunsi che aveva urlato, una ragazza dai capelli corti e di colore rosso scuro sdraiata a terra incosciente. Accanto a lei vidi una creatura umanoide alta tre metri composta da diversi pezzi di cadavere, due teste, tre braccia una delle quali attaccata alla spina dorsale, con la pelle grigia e vestito di una sorta di armatura raffazzonata con assi, porte e lacci di cuoio.
La ragazza fece uno spasmo, capii che era ancora viva e sembrava non avere lesioni gravi.
Nonostante il terrore presi la mia decisione: avrei salvato quella ragazza per poi farmi aiutare in qualche modo.


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martedì 11 settembre 2018

Episodio 2


Sgusciai fuori dal mio nascondiglio e continuai a vagare cercando di trovare qualcuno ce potesse aiutarmi o almeno qualcuno che non tentasse di mangiarmi il cervello.
Mi infilai in una stradina notando una figura attraverso una finestra accesa di una casa. Scesi delle scale diroccate e pericolanti avvicinandomi all'abitazione.
Andai alla porta e provai a bussare. - C'è qualcuno? Se ci siete, per favore, aprite - implorai esausta.
Dopo qualche minuto di tentativi una strana voce dal suono distante mi rispose: - Vattene!
Esultai nel sentire che parlava la mia lingua. - Ti prego, non so dove andare e sono così stanca.
- Mi dispiace, non posso aprire - mi rispose la voce.
- Allora dimmi chi può, ci sarà qualcuno che mi possa aiutare? - chiesi.
- Nessuno può. - rispose la voce con uno strano tono rassegnato.
- In che senso “nessuno può”? - Ero davvero stanca e nervosa, l'ultima cosa che volevo sentire erano gli indovinelli.
- Samath è morta. Ghet'haran è morto. Il Maestro comanda ciò che rimane. Ma cos'è rimasto se non un'illusione? - continuò a delirare la voce.
- Samath? Ghet'haren? E chi è questo Maestro? - cercai di chiederle.
- Come? - chiese la voce.
- Non capisco di cosa stai parlando, mi sono ritrovata in questo posto dopo essere caduta in una specie di portale. Io voglio solo tornare a casa mia, puoi darmi una mano? - cercai di spiegare.
Per qualche istante la voce esitò a rispondere. - Tu non sei di Samat, dunque?
- Se solo sapessi che cos'è Samat - feci ormai stanca di quei giri di parole.
- Samat è la città in cui ti trovi. Tu sei viva, vero? - chiese ancora la voce.
- Non per molto se non mi darai una mano - Mi appoggiai alla porta, stavo perdendo forze e speranza.
- Oh, che meraviglioso miracolo. Forse tu potrai aiutarci - disse la voce.
- Aiutar...? Ehi, sono io quella che ha bisogno di aiuto - replicai. Era incredibile, stava rigirando il discorso in suo favore, in più non riuscivo a capire se stesse mentendo oppure no.
- Se aiuti noi aiuterai te stessa - commentò la voce.
- Comodo visto che da quello che ho capito dovrò fare io tutto il stramaledetto lavoro - sbottai calciando una ringhiera arrugginita che finì a terra con un rumore metallico.
- È l'unico modo per poterci liberare - continuò.
Era un azzardo, non conoscevo la persona che mi stava parlando e il fatto che il suono che quella voce aveva fosse inquietante non aiutava per niente, ma era la mia unica possibilità.
- D'accordo! - sussurrai.
- Sì? - chiese conferma la voce.
- Ho detto che vi aiuterò - urlai scocciata.
- Ti ringrazio - fece la voce commossa. - Vedi quel riverbero rosso attorno alla luna? Quella è una barriera che ci tiene intrappolati qui. Se riesci a distruggerla noi potremmo finalmente essere... liberi.
- E io potrei tornare a casa? - chiesi.
- Forse - rispose pragmatica la voce.
- Cazzo, non è molto su cui lavorare e le aspettative sono davvero pessime. Per non parlare del fatto che con quel “forse” non sei per niente convincente - gli dissi scoraggiata.
- A Samat ci sono pochissime cose per la quale gioire - commentò ancora la voce.
- Lo vedo. D'accordo, se ne avrò la possibilità cercherò di aiutarvi. - risposi.
- Ti ringrazio a nome di tutti. Che lo spirito di Ghet'heren ti guidi - disse la voce. Pi la luce si spense e tornò il silenzio tetro della città fantasma.
- No, no, no. Non andartene, cazzo! - urlai colpendo la porta con tutta la forza che possedevo. Cercai seriamente di abbattere l'entrata dell'abitazione ma non ci riuscii, era come se fosse inamovibile. Provai con una finestra ma sortì lo stesso risultato della porta.





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giovedì 6 settembre 2018

Episodio 1

Tutti credono che l'estinzione sia un evento catastrofico, sciagurato e apocalittico.
In realtà è una fase essenziale all'evoluzione per progredire, un immenso prezzo da pagare per resettare gli errori commessi e ricominciare da capo.
Dico questo perché ho assistito all'estinzione di un intero mondo che io stessa ho provocato.
Mi chiamo Tiffany Sanders e questa è l'avventura che ho vissuto all'inferno.
Mentre cadevo nel vuoto pensavo fosse finita, avevo infranto per l'ennesima volta la promessa fatta a Evaline. Era incredibile ma tutto quello che riuscivo a pensare in quel momento era proprio il fatto di averla delusa di nuovo.
Cadevo con gli occhi chiusi aspettando l'istante in cui avrei impattato col suolo e che avrebbe posto fine alla mia vita, ma non andò così. Quello che sentii fu l'impatto con l'acqua. Lo sbalzo di temperatura mi fece riaprire gli occhi, il liquido che mi circondava era di colore rosso trasparente.
Con un paio di bracciate riemersi e inalai più aria possibile. Mi osservai attorno per individuare una possibile riva e per mia fortuna ne intravidi una a pochi centinaia di metri.
Cominciai a nuotare, ma il dolore dell'impatto con l'acqua si fece sentire quasi subito e faticai moltissimo a raggiungere la costa. Quando riuscii a calpestare il suolo della spiaggia di sassi mi lasciai cadere sfinita.
Mi girai supina a guardare il cielo di colore rosso, le nuvole e la luna erano dello stesso colore. La luna, in particolare, era strana, non aveva la classica immagine del volto che ti osservava dall'alto, era puntellata da alcuni crateri ed era più grande del normale.
Scommetto che non sono più sulla Terra, o forse nemmeno nel mio universo, pensai scoraggiata.
Presi un bel respiro per calmare la voglia di disperarmi e mi alzai a sedere percependo l'aria fredda. Osservai meglio il paesaggio, davanti a me una grande distesa d'acqua e dietro di me una città con edifici in stile settecentesco.
Non si vedevano luci accese da quella posizione. La gente sarà a letto ormai, cercai di convincermi anche se intuivo che qualcosa non andava in quel posto.
Mi alzai in piedi, il vestito elegante che portavo era irrimediabilmente rovinato e camminare con i tacchi sui sassi non era il massimo. Mi tolsi le scarpe e mi incamminai verso la città sperando di trovare qualcuno che mi aiutasse a tornare a casa.
Vagai per un po' tra strade piene di detriti, carri in legno rovesciati e distrutti, statue ammuffite e piene di rampicanti. La maggior parte delle case erano buie o diroccate mentre in altre si intravvedeva una debole luce dalle finestre. Il tutto era reso più tetro dall'illuminazione rossa dell'atmosfera di quel mondo. Sembrava una città sotto il bombardamento di qualche nazione.
Merda, stavolta ho fatto un bel casino, pensai sempre più scoraggiata.
Girai in una stradina laterale, scavalcai un cumulo di macerie e uscii dal vicolo ritrovandomi in una strada principale. Davanti a me c'erano due persone girate di spalle. Finalmente un segno di vita, esultai nella mia testa.
Con cautela mi avvicinai per chiedere informazioni su quel posto, ma quando le due figure si girarono capii che non erano persone. Assomigliavano a cadaveri umani, avevano occhi frenetici e inquietanti, denti marciti e grondanti di saliva. La pelle grigia aveva la consistenza del cuoio e le unghie affilate e aguzze. Indossavano armature arrugginite in disfacimento e in mano asce scheggiate da innumerevoli battaglie.
- Salve, vengo in pace... - provai a dire, speravo di poter comunicare in qualche modo.
Le creature non risposero. Erano diversi dagli zombie affrontati pochi minuti prima, erano dei veri e propri mostri creati per essere implacabili e spietati. Lo percepivo dai loro sguardi vuoti e assetati di sangue.
Presa dal panico indietreggiai lentamente. - Scusate, non volevo... io... - dissi prima di girarmi e cominciare a correre.
Le due creature fecero uno stridio innaturale e cominciarono a rincorrermi. Senza pensarci due volte aumentai la velocità cambiando in continuazione la direzione per seminare i miei inseguitori. Infine, esausta, mi arrampicai su uno degli edifici diroccati e mi nascosi in un cantuccio.
Aspettai che le creature passassero oltre e che si calmassero le acque, poi uscii per cercare un riparo più sicuro. L'abilità di percepire la forza vitale mi fu molto utile in quel momento per sorvegliare le loro azioni senza dover uscire allo scoperto.
Tremavo per il freddo e perché ero sconvolta. Non potevo credere che esistesse un posto come quello eppure c'ero finita proprio in mezzo. Quello che volevo era tornare dalla mia Evaline e chiederle di sposarmi, come avevo programmato da una settimana.
Il problema era come fare per tornare a casa. Non sapevo aprire portali magici e senza qualcuno che sapesse farlo non avrei avuto speranze.
E c'era anche un'altra questione. Non sapevo dove fosse finito Emris nonostante fossimo caduti insieme e sulla spiaggia o in acqua non avevo visto nessuno.
Meglio per lui se è annegato, pensai furiosa.
In realtà ero tremendamente terrorizzata all'idea di non poter più tornare a New Orleans.

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mercoledì 27 giugno 2018

[Spinoff] Episodio 43


Una volta tornata a casa cercai la notizia che stavo aspettando da giorni.
Prima dell'arrivo di Warren, Alan e Amita per consegnarmi gli scatoloni avevo fatto ricerche per rintracciare i quattro maestri che avevano tradito lo zio Mei e che avevo lasciato vivere. Sapevo che sarebbero sopravvissuti perché quando me ne ero andata dalla biblioteca stavano già scappando.
Il problema era che sembrava come se fossero spariti nel nulla. E trovare un obbiettivo in fuga in una città come New Orleans era come cercare un ago in un mucchio di aghi. Era frustrante, non avevo più quel genio mostruoso di Alan ad aiutarmi e non avevo contatti da utilizzare per trovare informazioni utili. Chiedere ai Cani da Guardia era escluso, non potevo più coinvolgerli nei miei casini e nelle mie nuove fissazioni.
Un giorno, però, avevo visto al telegiornale un notiziario sull'ex agente corrotto Vertans, diceva che sarebbe stato rilasciato agli arresti domiciliari. Cosa molto insolita visto che era al centro di quello scandalo quindi decisi di trovare più informazioni.
Il pomeriggio ero già in viaggio per raggiungere la nuova residenza di Vertans, un appartamento in una palazzina con vista sul Mississippi. Io mi posizionai su un palazzo abbastanza alto e lontano per darmi il tempo di fuggire. Quando osservai la situazione col mirino vidi due federali che gli facevano da scorta.
- Adesso ho capito, piccolo bastardo eunuco, ti sei venduto allF.B.I. Sei furbo, ma non abbastanza - dissi regolando il mirino del mio Barret calibro 50.
Attesi finché non si avvicinò alla finestra del bagno per pisciare, trattenni il respiro e premetti il grilletto. Sulla finestra schizzò un quantitativo di sangue considerevole mista a pezzi di cervello.
Centro perfetto, esultai compiaciuta.
Con calma raccolsi il bossolo e smontai il fucile per poi scendere dal palazzo dalle scale di sicurezza e raggiunsi la moto per andarmene come se non fosse successo nulla.
Durante il tragitto mi imbattei nel cimitero dove fu sepolto lo zio Mei, mi fermai e scesi dalla moto.
Dopo la sfuriata fatta al funerale non avevo mai visitato la sua tomba, non mi sembrava rispettoso ed era troppo doloroso. Rimasi impalata per qualche minuto, mi tremavano le gambe e non riuscivo ad avanzare.
Una donna mi toccò la spalla facendomi trasalire. - Salve - mi fece con un sorriso. Era sulla cinquantina e aveva in mano dei fiori secchi.
- S... salve - balbettai.
Anche lei è qui per rendere omaggio a un suo caro? - mi chiese.
- Non esattamente - risposi.
La donna mi guardò attentamente. - Oh, capisco. È una di quelle persone...
- Quali persone? - Per un istante credetti che stesse parlando di streghe e cominciai a sudare freddo.
- Quelle persone che credono che parlare a una lapide sia inutile - mi rispose la donna.
A quella risposta mi rilassai. - Non lo è? Insomma, quello che c'è dentro sono solo carne in putrefazione, senza una coscienza o un'anima.
- Sì, hai ragione. - rispose la donna con un lungo sospiro. - Ma alla tua teoria manca una parte fondamentale.
- E quale? - chiesi anche se stavo per mettermi a ridere.
- Sei tu, mia cara. Ai defunti puoi dire quello che senti, cosa volevi davvero da loro, dire tutto ciò che vuoi. Tanto loro hanno l'abitudine di ascoltare senza mai giudicare - mi sorrise.
Pensavo mi stesse per dire qualche stronzata su Dio o sul fatto che loro erano in pace, invece mi spiazzò del tutto.
La donna mi accarezzò il braccio, mi salutò e se ne andò per la sua strada.
Percorsi i vari viottoli tra lapidi e tumuli famigliari. Ripensai alla sera che ero arrivata a soccorrere Evaline ridotta emotivamente a uno straccio, a come mi avesse detto della morte dello zio Mei e del coraggio che aveva avuto nel volermelo dire di persona.
Sono proprio stata una stronza con lei, pensai mentre raggiungevo la lapide di Mei.
Era una lapide molto semplice, rettangolare e bianca, accanto a quella di sua moglie Akemi Umezawa. In entrambi i vasi per i fiori c'erano dei mazzi di fiore di luna.
Feci un passo in avanti e mi sistemai il giubbotto in pelle. - Ehm, ciao zietto, come va?
Mi guardai attorno ma non c'era nessuno per fortuna, non volevo che qualcuno mi vedesse mentre parlavo a una lapide come una pazza.
- Che stronzata! - sbottai. - Tu sei morto. Come sono morti tua moglie e i miei genitori, e nessuno ti porterà indietro da me. Sono l'ultima della grande famiglia Umezawa. Mi avevi detto che la mia discendenza era importante, che era destinata a cambiare il mondo. Fin'ora è stato fatto proprio un bel lavoro, cazzo. Oh, sì, ho ammazzato un mucchio di gente per vendicarti, l'ultimo proprio pochi minuti fa. Mi mancano solo quattro piccoli traditori e i tre amici di quella Melinda. Non conoscevi Melinda? Te lo dico io chi era la stronza, la fottuta sorella di un Santone.
Mi fermai per prendere fiato e continuai. - Scommetto che non sei per niente fiero di me, vero? Beh, sai che ti dico? Chi se ne frega. Prova a metterti nei miei panni, l'ultimo famigliare che ti resta more combattendo, trucidato da gente senza scrupoli che fa esperimenti sulle streghe e rapisce bambini. Tu cosa avresti fatto? Conoscendoti, molto peggio. Ma non ho fatto solo cose cattive. Ho anche aiutato tre ragazzi a sopravvivere a questo mondo, ho liberato la Coalizione del Bayou da un tiranno, ho scoperto la corruzione nelle istituzioni della città e distrutto un intero cartello di trafficanti. - Sentii che non riuscivo più a trattenermi e le lacrime cominciarono a bagnarmi le guance.
Mi asciugai e presi un altro bel respiro. - La... la verità è che sono arrabbiata con te e mi manchi ogni singolo giorno perché mi hai raccolta dalla strada e ti sei preso cura di me. Ti voglio bene zio Mei.
Mi appoggiai a un tumulo e mi accasciai a terra scoppiando a piangere. Un pianto liberatorio che tenevo dentro da troppo tempo. Ogni lacrima che scendeva era un peso che se ne andava, anche se solo per poco.
Dopo alcuni minuti alzai lo sguardo al cielo per riprendere il controllo quando notai un enorme colonna di fumo nero in direzione sud.
Belle Chease. Alan, Warren, pensai terrorizzata.
Mi rialzai e corsi alla moto. Nathan James aveva detto che i ragazzi sarebbero stati al sicuro con una scorta al garage. Andai a controllare e senza farmi vedere confermai che il Capitano era stato di parola, Alan e Warren stavano bene e davano ordini alle loro scorte come se fossero loro a comandare.
Sorrisi e mandai un messaggio con tanto di video ad Amita per rassicurarla. Lei rispose con una faccina che rideva a crepapelle segno che anche lei stava bene.
Tornai a casa e accesi la televisione e il pc e cercai informazioni sull'attacco, ma non trovai nulla tranne delle ridicole ipotesi su l'esplosione di un serbatoio del porto di Belle Chease. A sera tardi mi arresi e stremata mi gettai sul divano e mi addormentai.
Il giorno dopo mi svegliai con il telefono che squillava. Controllai il display: Evaline.
Ripensai allo zio Mei quando mi aveva visto la prima volta, in mezzo a un mucchio di spazzatura, a piangere credendo che fosse la mia fine e alla prima cosa che mi disse: - Ragazzina, è finita quando è finita. E non è ancora finita.
Mi misi a ridere e risposi alla chiamata della mia sacerdotessa e sorella che ammiravo tanto.

mercoledì 20 giugno 2018

[Spinoff] Episodio 42


Quando entrai in casa e chiusi la porta dietro di me, notai Amita immobile davanti agli scatoloni. Poi si girò rivelando un volto rigato dalle lacrime. Le andai vicino per abbracciarla.
- Mi mancano e non voglio separarmi da loro - singhiozzò.
- Lo so. Lo so. Ma loro non possono vivere dove vivrai tu. Sarebbe un punto debole che non ti potrai permettere. E poi saranno più al sicuro che per strada - le accarezzai la schiena e la testa per consolarla.
L'accompagnai sul divano e la lasciai sfogare tutta la tensione che stava provando. Era comprensibile, era tornata ad essere sola e aveva paura.
Una volta finito le passai u fazzoletto di carta. - Va meglio? - le chiesi.
Amita rise nervosa. - Sì, anche se con gli occhi gonfi sarò più brutta del solito.
- Ma cosa dici? Sei bellissima - sbottai.
Lei mi guardò storta. - Scherzi? Ma mi hai vista bene? Ho un culo che sembra quello di una mongolfiera e cellulite ovunque per colpa dei dieci chili in più che non riesco a smaltire. Tu invece sei perfetta, letteralmente.
- Ah, sì? Sai cos'ho passato per avere un fisico del genere? L'inferno. L'addestramento nei Navy Seal non è proprio una cazzata, sai? E poi scommetto che Den non si è mai lamentato dei tuoi rotolini di ciccia. - L'ultima frase cercai di essere il più gentile possibile, cosa che funzionò visto che fece un sorriso dolce. - Credimi, meglio avere dieci chili in più. -
Lei mi abbracciò di nuovo. - Grazie. Quindi... sei stata una Navy Seal. Interessante.
- In realtà me ne sono andata poco prima di avviare la mia carriera militare. Volevo imparare più tecniche di infiltrazione e combattimento possibili per poi diventare una ladra. Ironico che mi siano servite per una vendetta personale - le risposi.
- Quindi ora tornerai a essere una ladra? - mi chiese a pochi centimetri dal mio viso.
- No... non posso più... - cercai di rispondere.
Improvvisamente ci lasciammo abbandonare allo strano legame che provavamo l'una per l'altra. Non provavo eccitazione o desiderio, era come essere nel dormiveglia e poi cominciare a sognare. Ci baciammo e accarezzammo finché Amita non si staccò.
- Oddio! Scusa. Non so che mi è preso - si mise una mano sulla bocca.
- Tranquilla, anche per me è stato strano - le risposi.
- Ma perché ci succede questo? - mi chiese confusa.
- Non lo so. Ho provato una sensazione simile le prime volte che ero vicina a Evaline perché lei possiede i poteri di un Guardiano. Ma questo ha qualcosa di diverso, in qualche modo non sembrava una forzatura - cercai di capire, senza risultato.
- Quindi si possono forzare i sentimenti di una persona? - chiese confusa.
- Più il desiderio sessuale. Ma con te è stato diverso - ripetei per essere chiara.
- Credo di capire. Era più profondo, più intimo. Quasi ancestrale - rispose.
- Sì, esatto. Se poi calcoli che in genere non provo attrazione per le donne... - dissi.
- Nemmeno io sono gay - ribatté Amita con lo sguardo verso il vuoto.
Sapevo che stava per crollare dal sonno perché anch'io mi sentivo esausta. Decidemmo di dormire assieme sul divano, io non riuscivo a fare un passo e lei non riusciva a tenere gli occhi aperti. Quella fu la prima volta che riuscii a dormire assieme a un'amica senza volere nulla in cambio, e la sensazione mi piaceva, mi rendeva tranquilla.
Il giorno dopo ci svegliammo presto e partimmo per raggiungere l'isola della Coalizione del Bayou. Quando arrivammo la gente ci accolse gentilmente e ci accompagnò dai loro anziani.
Io e Amita entrammo nella tenda più grande posizionata al centro dell'isola. L'interno era pieno di artefatti, stoffe e tappeti. Alcune lampade a olio spente erano appese a dei bastoni lungo tutto il diametro della tenda.
Ma quello che mi fece più impressione fu l'enorme muro lungo dieci metri e alto cinque con incise parole che non riuscivo a identificare posizionato al centro della tenda. Al centro di esso c'era un a specie di porta alta all'incirca tre metri e larga due e mezzo. All'interno un altro strato di muro bloccava la possibilità di vedere attraverso della parete
Sotto a questo strano edificio incompleto c'erano tre gradini dove erano seduti quattro anziani. Ognuno aveva una toga di colore diverso: l'anziano che avevo salvato aveva quella marrone chiaro, mentre gli altri avevano le toghe di color verde, porpora e rossa.
- Eccoti, finalmente, Kaileena Mine - mi salutò l'anziano che avevo salvato.
- Vedo che stai meglio - lo salutai con un leggero inchino.
L'anziano con la toga verde guardò Amita. - E quella chi è?
- È evidente che non fa parte della nostra discendenza - sbottò quello con la toga color porpora.
- Concordo, non è nemmeno americana - fece quello con la toga rossa.
Mi schiarii la voce per prendere la parola. - Per prima cosa volevo dire che voi due siete dei razzisti, che schifo - indicai l'anziano porpora e l'anziano rosso. - Poi volevo informarvi che lei è la nipote di Samari.
- Impossibile. Quella famiglia si è estinta a causa di un incidente aereo. Ho posizionato io stesso la bomba sotto coercizione del precedete Reggente - fece l'anziano verde.
Guardai Amita per capire come potesse stare a quell'affermazione, ma sembrava tranquilla.
Lei si fece avanti e prese la parola. - Prima di partire mi ammalai e mi lasciarono a casa dai parenti di mio padre, che poi mi fecero da tutori fino alla loro morte.
- Questa è una menzogna, non sacrificherò la mia vita per un'estranea qualsiasi - sbottò l'anziano porpora.
- Mentire? Non credo sia possibile per una strega senza essere scoperta da altre cinque streghe. Senti per caso che stia mentendo, o che entrambe stiano mentendo? - chiese l'anziano marrone.
Tutti e tre rimasero in silenzio. Io, invece, sorrisi soddisfatta, dopo un'affermazione del genere chiunque sarebbe stato zitto per non fare figure di merda.
Poi ripensai a quello che aveva affermato l'anziano porpora. - Aspettate un attimo. Lui ha appena detto “sacrificare la vita”? - chiesi.
L'anziano marrone sospirò. - Sì, per concedere il potere delle congreghe della Coalizione del Bayou alla futura Reggente serve il sacrificio dei quattro esponenti più anziani. Una volta il rituale era più brutale, i contendenti combattevano fino alla morte e il vincitore diventava il Reggente. Fortunatamente, Samari decise di cambiare questa assurda tradizione e decretò che solo gli anziani volontari potevano concedere il loro potere e la loro vita al nuovo Reggente.
Come un passaggio di testimone, ma perché ti sei offerto? - gli chiesi.
- Perché io sto morendo. Andare contro il volere del Reggente significa far esaurire la propria forza vitale. Quindi ho deciso di donare i miei poteri al nuovo Reggente, se fossi sopravvissuto abbastanza a lungo - rispose l'anziano marrone.
- Quindi non ti ho salvato... - dissi a malincuore.
- No. Ma hai salvato tutti gli altri. Ti ringrazio - mi fece un inchino l'anziano marrone. Io ricambiai anche se ero delusa di me stessa.
- Bene, quindi è deciso? - chiese l'anziano verde.
- Sì, è deciso! - rispose l'anziano marrone.
L'anziano porpora non proferì parola mentre l'anziano rosso si limitò a dire: - Molto bene.
Io alzai la mano per attirare di nuovo l'attenzione. - Avrei una piccola obbiezione.
L'anziano porpora si mise una mano sulle tempie. - Che cosa c'è ancora?
- So che non potete eliminare quell'assurdo patto dal rito, ma potete modificarlo, giusto? - chiesi.
Tutti e quattro gli anziani rimasero in ascolto. - Continua - mi fece l'anziano rosso.
Guardai Amita, sembrava un cucciolo che entra per la prima volta nella sua nuova casa con persone estranee. Non volevo che si caricasse di un onere come quello di comandare a bacchetta ogni persona collegata alla Coalizione.
- La mia idea era che al posto di far “regnare” qualcuno, perché non creare una specie di carica che cerchi di risolvere le faccende interne della Coalizione del Bayou? Così vi eviterà di perdere il libero arbitrio - proposi.
Gli anziani rimasero a bocca aperta. “Ecco, ho detto una stronzata, pensai. Poi si avvicinarono l'uno all'altro e cominciarono a borbottare qualcosa e infine tornarono a guardarmi seri.
- È un'ottima idea Kaileena Mine. E abbiamo già in mente un modo per farlo funzionare nel rito. A quanto pare ci hai salvato, non una, ma ben tre volte. La nostra gente sarà in debito con te e la tua congrega a vita - sorrise l'anziano marrone.
- Per così poco - gli feci l'occhiolino.
Mi girai verso Amita, era visibilmente spaventata. L'abbracciai per l'ennesima volta. - Tranquilla, te la caverai. Sono persone per bene. E se avrai bisogno di aiuto sappi che fai parte della mia congrega, quindi ti basterà solo chiedere.
Amita mi guardò imbarazzata e con gli occhi lucidi dalla commozione. - Faccio parte della tua congrega?
- Nel mio gruppo non serve fare riti o iniziazioni, siamo Anime Solitarie. Perciò sì, fai parte della nostra congrega e guai a chi il contrario - le risposi dandole un bacio sulla fronte.
L'anziano verde batté le mani. - Bene, abbiamo fino a domani sera per i preparativi. E tu futuro, Patto della Coalizione Vivente, hai molto da imparare prima di allora.
- Patto della Coalizione Vivente? Non male - dissi impressionata.
- Grazie - rispose l'anziano verde.
Salutai Amita con un ultimo bacio sulla guancia e tornai a casa. Avevo lasciato l'ultima piccola faccenda in sospeso come ciliegina sulla torta.