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mercoledì 28 marzo 2018

[Spinoff] Episodio 30

 Erano passate settimane dalla missione di perlustrazione al forte della Thuleyman Corporation e, nonostante gli sforzi di Alan e di Amita, Chuck sembrava sparito da ogni radar.
Nessuno di noi era riuscito a capire dove fosse andato dopo essere scappato dall'isola della Coalizione del Bayou. Nemmeno i ciruli di strada sapevano molto, solo che non lavorava più per Melinda Rodes e che non era riuscito a lasciare la città.
I ciruli di strada erano i classici ragazzi problematici che gli assistenti sociali non riuscivano a gestire o a dare in affidamento e che finivano per strada. Si dilettavano a truffare, borseggiare o rubare ai tanti turisti in vacanza nella città. Di solito non si fidavano degli stranieri ma, considerato che da piccola ero stata una di loro, mi avevano aiutato come potevano. Un aiuto del tutto inaspettato.
Warren aveva cercato in tutti i fogli dei collegamenti per poter individuare un possibile nascondiglio ma dalla sua impazienza non era arrivato a niente. - È inutile. Qui non c'è nulla, merde - sbottò.
- Forse ha usato un nascondiglio improvvisato, una casa abbandonata o un magazzino in periferia - ragionai rassegnata. Se fosse stato vero, sarebbe stato impossibile trovarlo a New Orleans.
- Mi spiace dirtelo, cherie, ma niente magazzini o case. Ci sono solo dati finanziari falsi e annotazioni piuttosto squallide sulla Rodes. - rispose lui lanciando uno dei fogli sul tavolo.
- Sì, anche i file che ho esaminato avevano riferimenti a Melinda Rodes, forse è segretamente innamorato di lei - provò a spiegare Alan. La sua innocenza, a volte, era davvero disarmante.
- Uno stalker con manie di grandezza e con i poteri di quattro congreghe che sbava per una sociopatica nazista. Fantastico... - Amita sospirò esasperata. Poi andò sul divano e accese la televisione e lo mise sul telegiornale.
- La teoria di Alan non è del tutto giusta. Sull'isola della Coalizione del Bayou, Chuck disse che voleva usarvi per colpire Melinda. Credo che lui odi quella donna quanto noi odiamo lui - ragionai. Prima lezione su come sconfiggere un nemico: pensare come il nemico.
In quel momento passò un servizio di una palestra di una scuola dove era esplosa una tubatura del gas ad Halloween, sei vittime in tutto. La stessa dove vanno Francis e Jolene, mi bloccai a fissare lo schermo. È successa una cosa così grave e Francis non me ne ha parlato, pensai, e istintivamente presi il cellulare per chiamare Evaline.
- Kaileena, tutto bene? - mi chiese Amita, risvegliandomi dai mille pensieri che stavo avendo.
- Sì, sì, tutto bene - le sorrisi. Sapevo che lei non ci avrebbe creduto, ma non potevo abbandonare quei ragazzi in quel momento.
La cronista si fermò a parlare con un esperto su come fosse possibile che degli agenti potessero essere colpiti mortalmente da delle guardie del corpo private e non essere perseguibili per legge. Mentre l'esperto rispondeva fu mandata una carrellata di immagini del luogo e di alcune di quelle guardie.
- Aspetta, quella è la villa di Melinda Rodes - commentò Warren.
- Cosa? Davvero? - chiesi stupita. Anche se ero un'esperta di architettura non l'avevo per niente riconosciuta.
- L'angolatura è un po' vaga ma quelle colonne pacchiane non le scorderò mai - rispose Warren.
Melinda Rodes non avrebbe mai fatto l'errore di lasciare che uno dei suoi uomini sparasse a dei poliziotti. Molto probabilmente a chi abitava in quella casa non interessava di attirare l'attenzione, forse era proprio quello che sperava.
Mi girai di scatto verso Alan e gli chiesi: - Riesci ad identificare quelle guardie del corpo di quel notiziario? -
- Intendi identificazione facciale, fedina penale, estratti conto e... un abbonamento mensile a porconemilf.com? - si interrogò sull'ultima frase.
- Se necessario... l'hai già fatto vero? - lo rimproverai nonostante fossi soddisfatta.
- Sai che ho il bisogno compulsivo di conoscere tutto ciò che mi circonda, compresi gli stimoli che mi da la televisione - rispose Alan davanti allo schermo.
- No, non lo sapevo. Quindi chi diavolo sono? - chiesi ancora.
- A quanto pare si tratta della Mafia Dixie, sono tutti i loro sicari, o quello che ne rimane - rispose Amita leggendo dal monitor di Alan.
- La Mafia Dixie? Lo zio Mei mi ha detto che tra loro e la mafia cinese non corre buon sangue. Questo significa che... - provai a dire seguendo il mio ragionamento.
- Visto che Melinda Rodes ha a disposizione quattro esponenti della mafia cinese di New Orleans, la persona che abita in quella villa è qualcuno che la odia, ossia il nostro amico Chuck. Amico in senso dispregiativo del termine - specificò ad Amita.
- Esatto. Si è nascosto in bella vista il figlio di puttana - confermai la teoria di Alan.
Chuck voleva attirare l'attenzione di Rodes per farle sapere che aveva abbastanza informazioni da colpirla dove faceva più male. La strategia di un classico megalomane come lui.
- E pensare che avevamo la soluzione sotto agli occhi per tutto il tempo - rise Warren.
- Okay, ora sappiamo dov'è. Non ti resta che andare lì e fargli saltare la testa - mi guardò impaziente Amita.
- Calma, calma. Se andiamo senza un piano potrebbe fuggi... - provai a dirle.
- Ti stai tirando indietro? - mi incalzò Amita.
- No, voglio solo essere... - cercai di rispondere.
- Vuoi cosa? Tornare dai tuoi amici? Piantarci in asso? - urlò Amita. Aveva capito a cosa stessi pensando quando vidi il servizio sulla scuola ma quel suo atteggiamento mi fece davvero arrabbiare.
- No. Voglio solo essere sicura di farlo fuori stavolta - strillai più forte di lei fissandola negli occhi. Un po' aveva ragione, volevo tornare da Evaline, Tiffany, Francis e Jolene, ma non li avrei mai piantati in quel momento.
Warren si mise tra me e Amita. - Adesso basta! - urlò. Poi si girò verso Amita. - Kaileena ha ragione, non possiamo fare i John Rambo in pieno giorno e sperare di non finire ammazzati o peggio, che Chuck ci sfugga di nuovo.
- La difendi solo perché te la sei scopata - sibilò Amita.
- Sì, anche. Ma soprattutto perché non voglio morire per seguire la tua personale vendetta. Pensi che non mi senta responsabile della morte del mio amico. Cazzo, tutti qui stanno male per quello che è successo, perfino Kaileena, che lo conosceva poco, si sta facendo in quattro per vendicarlo. Ma un conto è usare il cervello, un altro è andare contro un battaglione a testa bassa - spiegò con un tono di voce che andava via via scemando fino a diventare gentile.
- Mi... Mi manca, Warren - disse Amita con un nodo alla gola.
- Lo so. Manca anche a me - rispose Warren. - Andremo di sera e approfitteremo del buio per passare inosservati, okay? - propose.
Amita tirò su col naso e annuì, anch'io feci di sì con la testa.
Io e Warren ci preparammo. Lui caricò lo zaino di qualcosa che non riuscii ad identificare mentre io presi un coltello e caricatori per le pistole.
La pazienza di Amita era ormai al limite, se fosse andava avanti avrebbe sicuramente fatto qualche stupidaggine finendo per farsi ammazzare.  

mercoledì 21 marzo 2018

[Spinoff] Episodio 29

 Aspettammo l'intera giornata nel villaggio nascosti sperando di vedere Chuck uscire dall'edificio, ma non avvenne. Alla fine deducemmo che l'uomo non era lì dentro e che si nascondeva da un'altra parte.
Warren mi raccontò che l'uomo che aveva abbattuto il drone era lo stesso che lo aveva torturato, mentre me lo diceva la sua voce era spezzata dal terrore. Poi gli chiesi di farmi delle copie delle immagini di tutti i futuri bersagli e di scaricarmele sul cellulare.
Quando le acque si calmarono tornammo nel Quartiere Francese. Mentre percorrevo Canal Street incrociai gli occhi con un vecchio conoscente. Forse lui potrà darmi le risposte che cerco, pensai.
Accostai e aspettai che il ragazzo mi raggiungesse.
- Perché ci siamo fermati? - mi chiese Warren, poi si girò e vide il ragazzo alto e dai capelli castani. - Conosci questo tipo con gli occhi inquietanti?
- Sì, lo conosco Warren. Per favore, puoi tornare alla base da solo? - gli domandai.
- Cosa? No, non se ne parla... - provò a dire.
- Ti prego. E cerca di non farti rapire di nuovo, okay? - continuai.
Per qualche secondo rimase immobile poi, contrariato, scese dalla moto e andò verso la fermata del tram, di sicuro il mezzo più rapido per raggiungere il garage.
- Ciao, Francis - dissi al ragazzo togliendomi il casco e dopo essermi assicurata che Warren fosse salito sul mezzo pubblico.
- Ciao, Kaileena - mi salutò con un debole sorriso.
- Come... come stai? - cercai di alleviare la tensione.
- Sto bene - mi rispose freddo.
- E gli altri... - provai a chiedere.
- Hai finito di uccidere a destra e a manca? - mi domando a tradimento.
Io serrai la mandibola come segno di disapprovazione. - Okay, me lo merito dopotutto vi ho abbandonati per vendicarmi, non ho il di chiedere nulla.
- A quante vittime hai strappato via la vita a sangue freddo? Dieci, venti, cento? - continuò lui impassibile, anche se dai suoi occhi traspariva rabbia e tristezza.
- Quelle che sono necessarie - gli risposi.
- Sai chi risponde in quel modo? Gli psicopatici - mi rimproverò Francis.
- Da che pulpito. Sbaglio o anche tu hai massacrato tutti gli adulti della famiglia di Jolene, e chissà quante altre persone innocenti? - Era un colpo basso ma lui stava esagerando.
- Ma ora non più per amore della mia nuova famiglia e per... Jolene. - L'ultima parola la disse con un filo di voce come se stesse reprimendo pensieri che non dovrebbe fare.
- Sì, come no. Lasciamo perdere... - tagliai corto. Tirai fuori il telefono e gli feci vedere le foto dei tipi del fortino. - Sai dirmi chi sono questi?
Francis guardò attentamente ogni immagine. - Non sembrano tipi da comitato di quartiere, questo è certo.
- Questo lo so già. Volevo un parere da un assassino in grado di trovare indizi dal nulla come te - gli confessai.
Lui mi guardo torvo. - E va bene. Questi quattro sono Streghe Combattenti, si capisce dal loro portamento, schiena dritta, braccia libere in caso di imminente attacco e altri atteggiamenti tipici. Posso anche dirti che sono dei maestri di arti marziali. Questi due che portano il corpo sono semplici umani. Mentre questo è interessante.
- Perché? - chiesi cercando di capire gli passasse per la testa.
- Questa è una Strega Hashashin, ed è strano che chi l'ha ingaggiata non l'abbia sguinzagliata. Di solito l'arrivo di una di queste streghe in una città è seguito da una scia interminabile di cadaveri. Forse è solo una semplice guardia del corpo, non lo so. - mi spiegò Francis riconsegnandomi il cellulare.
- È un bel problema, hai qualche consiglio da darmi? - chiesi strofinandomi gli occhi.
- Sì, lascia perdere! - rispose lui.
- Andiamo, voi Streghe Hashashin dovete pur avere dei punti deboli - ribadii.
Lui si guardò attorno con un sorriso nervoso sul volto. - Le streghe sono fatte di carne e ossa e, se sono mortali, sono vulnerabili come qualunque essere umano. Se usi le pistole non dovresti avere problemi, ma attenta a non ingaggiare in un corpo a corpo perché non avresti scampo.
- Grazie - gli dissi e mi misi di nuovo il casco. - E, Francis, non dire nulla a Evaline e Tiffany, non voglio metterle in pericolo - gli sorrisi.
L'espressione del ragazzo cambiò, deglutì e si mise a fissare nel vuoto per qualche secondo. Poi si riprese e guardandomi negli occhi mi disse: - D'accordo, non dirò niente.
Ignoravo quello che era successo e in quel momento non feci caso a quello strano atteggiamento. Gli feci un inchino con la testa e ripartii per tornare alla base dei Cani da Guardia.

mercoledì 14 marzo 2018

[Spinoff] Episodio 28

 Io e Warren uscimmo dalla città e ci dirigemmo a ovest fino ad arrivare in un piccolo villaggio isolato, il cartello di benvenuto segnava milleduecentotrentasei anime.
Lo stile delle abitazioni e dei negozi era di inizio novecento mentre la strada principale aveva riferimenti architettonici che rimandavano alla guerra di secessione americana. In fondo alla via principale c'era un fortino antico a ridosso di un affluente minore del fiume Mississippi.
- Stavo pensando: questa è una piccola cittadina quindi come fanno a non sapere che vicino a casa loro c'è la base di un'organizzazione segreta mortale? - chiese Warren alle mie spalle.
- La gente comune tende a mettere i paraocchi per non avere problemi - gli risposi.
- Come fa la mafia? - chiese ancora lui schifato.
- Sì - risposi secca. Quella domanda mi fece tornare alla mente lo zio Mei e il suo desiderio di rendere legali le attività clandestine della comunità cinese ed era anche un ricordo doloroso perché non c'era riuscito.
Parcheggiammo vicino a un palazzo si tre piani dal tetto a pianerottolo, una postazione perfetta per osservare il forte: aveva pareti esterne molto alte e spesse e il cancello era rinforzato da una grata in ferro antica.
- D'accordo. Proviamo a fare un giro del perimetro e vediamo se troviamo un'entrata più sicura - dissi.
- Come vuoi tu, tête - rispose Warren mentre nascondeva due valige dietro a un comignolo.
Sfruttammo la copertura che i palazzi e le case ci davano per percorrere e osservare le mura del forte. La muratura era vecchia e logorata in alcuni punti ma niente che potesse sembrare un varco disponibile.
Tornammo al pianerottolo e sfogai la mia frustrazione calciando il pavimento: - Merda! - imprecai.
- Quindi, che facciamo, chérie? - chiese Warren, anche se sembrava più una presa in giro.
- Sta zitto. Devo riflettere - risposi sgarbata.
- Va bene, non scaldarti. Intanto che tu rifletti, io posso cominciare a montare il drone? - continuò ancora lui.
Mi girai di scatto e urlai: - Ti sembra il momento di...? - e mi bloccai. Aveva previsto che sarebbe stato troppo pericoloso e quindi aveva portato l'attrezzatura. Mi avvicinai, gli abbassai la maschera e lo baciai sulle labbra. - Sei un genio - gli dissi.
- Ehi, cos'è tutto questo affetto improvviso? - mi fece con voce suadente.
Lo fissai per qualche secondo rincuorata dalla sua presenza poi mi ripresi e mi divincolai dal suo abbraccio. Ero imbarazzata, avevo infranto la regola che io stessa avevo creato. - G-grazie... - mi schiarii la voce.
Warren rialzò la sua maschera con le borchie. - Non c'è di che, chérie.
- Non fare il finto modesto, avevi previsto una situazione del genere e lo hai portato - li dissi.
- Ho solo pensato: se è un fortino l'unico modo per entrare è l'alto, quindi ho portato Jimmy - disse Warren mentre lo montava.
- Hai dato un nome a quel coso? - chiesi preoccupata.
Warren si affrettò ad abbracciare e coccolare il drone. - Non dice sul serio. È solo maleducata, anche se bella come un angelo - disse, poi mi guardò contrariato. - Jimmy ha un animo sensibile, chiedi scusa.
Io alzai gli occhi al cielo e me ne tornai sul bordo del soffitto a osservare col mirino del fucile da cecchino la situazione senza dire nulla.
Dopo una decina di minuti il drone cominciò a ronzare e si alzò in volo in direzione del forte. Warren aveva collegato via bluetooth il pad che comandava il velivolo a un computer portatile sul quale si poteva vedere il video in tempo reale della telecamera.
Senza farsi notare Warren fece entrare il drone da una finestra aperta.
- Ehi, stai attento. Se sentono quel coso, addio Jimmy - lo schernii.
- Tranquilla, mon amour. Jimmy ha ogni tipo di confort, sedili reclinabili, vodka maritini agitati non mescolati, anteprime mondiali in full HD e volo silenzioso - rispose il ragazzo premendo un bottone sul pad.
Effettivamente, quando il drone era passato sopra le teste di alcuni individui incappucciati questi non si erano accorti di nulla. Quei tipi hanno qualcosa di famigliare, pensai turbata.
Warren pilotò Jimmy in un grande salone pieno di vasche con il liquido viste nei video. Le persone all'interno si contorcevano e sembravano soffrire moltissimo. Una di esse era vuota e a poca distanza due uomini stavano trasportando una ragazza nuda, completamente bagnata e in preda alle convulsioni.
- Seguili - ordinai a Warren.
- Signorsì, madame! - rispose lui.
I due uomini portarono la ragazza in un'altra stanza dove persone di varie età vestite con semplici pigiami da ospedale cercavano di calmarsi o erano completamente fuori controllo. Improvvisamente una di loro sferrò un attacco elementale contro un'altra e la bruciò viva, senza motivo. I due uomini, come se niente fosse, spensero il corpo in fiamme e lo trasportarono fuori.
- Sembra un campo di esperimenti nazista... - commentò Warren disgustato.
- No, è molto peggio - gli dissi.
- Perché, che stanno facendo a quelle persone? - mi chiese lui.
Ricordai cosa mi aveva raccontato Evaline dello scontro con la strega impazzita, di come fosse stata fuori controllo e di come stesse soffrendo. - Stanno creando altre streghe impazzite - risposi incredula.
- Come quella che ha ucciso tre poliziotti in Bourbon Street? Ma cosa vogliono fare, conquistare il mondo? - mi chiese Warren cercando di ironizzare.
- O forse solo la città... - mormorai. La brutta sensazione si fece ancora più pressante, stava per succedere qualcosa di brutto.
Warren pilotò il drone a sinistra e scese nel seminterrato, una stanza piena di carcasse di animali appesi a degli uncini. In fondo alla camera un uomo obeso e sporco di sangue e grasso intento a tagliare la carne con un coltello.
Quando Warren avvicinò il velivolo per vedere meglio, l'uomo si voltò di scatto e gli lanciò il coltello. L'immagine sparì e il segnale sul pad si spense. - Jimmy, no! - urlò Warren allo schermo offline.
Bersaglio centrato al primo tentativo. Ha percepito che qualcuno lo stava osservando, quel tizio è un professionista, ragionai.
Gli misi una mano sulla spalla. - Mi dispiace per il tuo amico volante, ma adesso dobbiamo filarcela, okay?
Lui fece di sì con la testa, infilò tutto nel suo zaino facendo un discorso d'addio per il drone e ce ne andammo dal tetto prima di essere raggiunti dai sicari incappucciati. 

mercoledì 7 marzo 2018

[Spinoff] Episodio 27

 Nei giorni successivi ricevemmo un pacco dalla Coalizione del Bayou con all'interno tutto il materiale di Chuck sulla Thuleyman Corporation.
- Davvero gentili questi della Coalizione - fece Warren.
- Credo sia una ricompensa per averi liberati - lo corressi.
Ci mettemmo subito al lavoro, io controllai la documentazione cartacea e Amita, Warren e Alan i numerosi file di hard-disck e schede DS della scatola.
Dopo file su file praticamente inutili Alan trovò qualcosa. - Ragazzi, venite a vedere questo video - ci fece.
- Cos'è, l'ennesimo video sulle tette nude di ragazze ubriache sui carri? - chiese Warren.
- Purtroppo no - rispose Alan.
Warren lo guardò sorpreso dalla sua risposta mentre io e Amita ci avvicinavamo per guardare.
- Che c'è? Anche a me piacciono le forme femminili - disse Alan poi premette play.
Il video iniziava con un'entrata simile a quella di un castello o un fortino in mattoni con grata in ferro e torri di guardia ai lati. Il cortile interno era completamente asfaltato e al posto del mastio c'era un caseggiato di due piani. Chuck attraversò un portone in legno antico e si ritrovò in un grande salone e disseminate ovunque c'erano delle vasche trasparenti con un liquido blu scuro. Alcuni tubi viola andavano dalle macchine poste in alto e finivano dentro alle vasche. La risoluzione era pessima.
- Questo è tutto? - chiese Amita.
- Beh, sì. Ma grazie a questo video sappiamo che potrebbe essere in quel posto, ci basta solo trovarlo. - rispose Alan.
- In pratica non abbiamo niente - sbraitò Amita e gettando i suoi appunti a terra.
Io riguardai il video e stoppai arrivata alle vasche. - Aspetta, cosa contengono? - le indicai.
- Da quello che vedo, hanno l'altezza media di un essere umano, forse poco più grande. E l'ombra che appena si intravede qui indica che qualcosa di umanoide viene tenuta al suo interno. Penso che quei tubi servano a iniettare qualcosa a qualcuno - rispose Alan.
Esperimenti su streghe? Se è così, in quel posto ci sono almeno una ventina di vasche, pensai con un brivido di terrore. Avevo sentito come Tiffany avesse affrontato una strega impazzita in Bourbon Street, tre agenti e una donna erano stati letteralmente fatti a pezzi.
- Qualunque cosa stessero facendo di sicuro viola la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani - fece Warren risvegliandomi dal pensiero di un'invasione di streghe impazzite.
- Nel mondo delle streghe quei diritti valgono quanto la carta su cui sono stati scritti, ossia nulla. Il problema è: cosa stanno facendo esattamente e cos'è quel liquido viola nei tubi? - mi chiesi ad alta voce.
- Niente di buono. Non raccatti così tanta gente per poi non farci nulla - rimarcò l'ovvio Amita.
- Deduco che l'unico modo per saperne di più sia andare a vedere di persona - fece Alan.
Dalla struttura architettonica sembrava essere un fortino della guerra D'Indipendenza riconvertito negli anni cinquanta a fabbrica di qualche tipo. Da quel che ricordavo strutture del genere erano sparse nei punti nevralgici e strategici dello stato, e quello in particolare era stato costruito in periferia come supporto alla città di New Orleans. Il problema era che forse era diventato la base principale nemica visto che Chuck si era prodigato a girare un video della struttura. In più, in quanto fortino, poteva essere difeso facilmente e con pochi uomini fidati.
- È troppo pericoloso... - provai a dire.
- Se Chuck cerca un posto dove nascondersi allora un fortino inquietante sarebbe perfetto. È ben difeso e lontano dalla città, il che da anche molta privacy. - mi sovrastò Amita.
Non potevo dire di no, sospirai rassegnata. - Okay, ma solo ricognizione e da debita distanza. Sarebbe un suicidio ingaggiare battaglia senza nessuna informazione e dobbiamo decidere cosa fare nel caso il nostro obbiettivo non si trovasse lì.
- Tranquilla, ci penso io. C'è molto altro materiale da controllare - rispose Alan.
- D'accordo. - Estrassi una delle mie pistole e la diedi a Amita. - Se qualcuno che non sia io... - Warren si schiarì la voce per attirare l'attenzione, per un attimo sperai che si fosse dimenticato della promessa di portarlo con me. - O Warren, prima ficcagli una pallottola in testa e poi fai le domande, okay?
Lei prese l'arma senza esitare. - Okay! - rispose secca. Il suo comportamento era un problema, speravo solo che la situazione non le sfuggisse di mano.